Un progetto di

Partner

Il federalismo come ricerca di soluzioni che localmente investano di più sulle diverse potenzialità regionali di sviluppo economico e culturale

4 commenti

Nel corso della giuria tenutasi il 10-11 dicembre a Torino, e contestualmente all’attuale carenza di risorse, il paese viene percepito “stanco”, debole di iniziative: sembra soffrire di una situazione di “empasse”, di apatia, di incapacità strutturata ad individuare soluzioni adeguate per i diversi territori e per il Sud in particolare, che ancora non si è emancipato dalla cosiddetta “questione meridionale”: può il federalismo aiutare verso una svolta?

4 risposte a Il federalismo come ricerca di soluzioni che localmente investano di più sulle diverse potenzialità regionali di sviluppo economico e culturale

  1. Claudio V. scrive:

    Il federalismo potrebbe dare una piccola spinta verso una maggiore responsabilità e partecipazione a livello regionale (in attuazione anche del principio costituzionale di sussidiarietà e adeguatezza), permettendo maggiore autonomia e controllo sulle spese a livello locale, ma sempre e solo a patto che sia ben definito ovvero siano determinati costi e fabbisogni standard e si propongano piani per rilanciare veramente il sud e per ripianare i vari deficit regionali sparsi per l’italia, nonchè varianti del concetto di fallimento politico nel caso di grossi buchi di bilancio.

  2. Il modo in cui si sta procedendo all’attuazione dell’incompleto Titolo V della Costituzione avviene secondo una procedura che vede protagonista il solo livello superiore di governo, da cui provengono provvedimenti legislativi oggi favorevoli all’attribuzione di maggiore autonomia fiscale ai livelli inferiori di governo, ma che, in assenza di istituzioni interessate alla difesa di una equilibrata distribuzione del potere tra diversi livelli territoriali di governo, possono venire ribaltati in seguito all’emergere di un contesto politico ed economico diverso e meno favorevole. Pertanto, l’operazione in atto in Italia può al massimo definirsi di “decentramento fiscale”, ma non di realizzazione del “federalismo fiscale”.

    Per queste ragioni, i federalisti, convinti che l’Italia debba procedere risolutamente verso l’obiettivo di un’Italia federale in un’Europa federale, anche con un’avanguardia di paesi favorevoli, ribadiscono la necessità dell’avvio di un governo di unità costituzionale che abbia come obiettivi:
    – il completamento della riforma del Titolo V della Costituzione, con l’istituzione di un Senato delle regioni e, a livello regionale, di una Camera regionale delle autonomie locali, in modo che ciascun livello di governo sia responsabile di fronte ai propri cittadini dell’approvazione della legge di bilancio e della politica di perequazione di competenza;
    – l’impegno a portare il debito pubblico sotto il 100% del PIL nell’arco di cinque anni come premessa all’inserimento nella Costituzione e negli Statuti regionali di un vincolo massimo all’indebitamento pubblico nel pieno rispetto dei vincoli del Patto europeo di Stabilità e Sviluppo;
    – l’accorpamento degli enti locali – come fece la Germania nel corso delle riforme organizzative degli anni ’60 e ‘70, quando ridusse il numero di Comuni da circa 20.000 a 10.000 e come ha fatto la Grecia nel 2010, che ha ridotto il numero di Province e prefetture da 76 a 13 ed il numero di Comuni da 1.034 a 325 -, come parziale contributo alla riduzione della spesa pubblica;
    – l’avvio di una cooperazione strutturata europea nel settore della politica di sicurezza, riducendo così la spesa pubblica nazionale nel settore della difesa;
    – la completa attuazione di quanto previsto dal Trattato di Lisbona, anche con il ricorso allo strumento delle cooperazioni rafforzate, per quanto riguarda l’attuazione di una politica industriale europea nei settori dell’industria avanzata, dell’energia e della ricerca, al fine di sostenerne la produttività e la crescita;
    – il potenziamento del bilancio europeo, con l’introduzione di un’imposta europea ed il ricorso agli “Union bonds”, come condizione necessaria per l’estensione a livello europeo dei principi del federalismo fiscale e l’avvio di un piano europeo di sviluppo sostenibile.

    > Sul sito del MFE Torino la dichiarazione del MFE sull’attuazione del federalismo fiscale in Italia (http://bit.ly/f2dIUr)

  3. m.rosaria scrive:

    Mi aggancio al tema proposto per la riflessione prendendo spunto da un articolo letto recentemente a proposito di una supplente “rispedita” dalla Toscana in Sicilia sulla base del decreto “Mille Proroghe” fortemente voluto dalla Lega. Per i dettagli rimando all’articolo, anche perchè sottende ad una serie di problematiche legate alle assegnazioni dei punteggi per le graduatorie: ciò che vorrei evidenziare è la recente battaglia tra nord e sud internamente ai posti disponibili nella scuola pubblica come esempio di tensione sociale in atto. In anni ancora non di crisi generalizzata nelle regioni del nord l’insegnamento era diventato un impiego un po’ di ripiego e di scarso valore sociale, afronte di alternative possibilità occupazionali, e moltissimi sono stati nei decenni gli insegnanti trasferitisi dal sud, tantè che si poteva quasi parlare di “specificità” meridionale in questo campo; ma l’attuale crisi del mondo del lavoro ha, seppure relativamente, rivalutato questa figura professionale che diventa ambita. Oltretutto da anni ormai nelle regioni padane molti rivendicano insegnanti locali, fino ad arrivare alla formulazione di un decreto decisamente fuori luogo, ai limiti del razzismo, e fondamentalmente protezionistico, anche se indubbiamente andrebbe meglio regolata la questione graduatorie rispetto alla situazione attuale molto confusa.
    A proposito di specificità mi viene da azzardare: immaginate se si sancisse che solo i napoletani possono fare la pizza, meglio se solo in Campania! questo solo per sottolineare che sulle specificità regionali occorre cautela, perchè è facile scivolare ad esempio dalla valorizzazione turistica di un luogo, che esprimerebbe di per sè apertura ed ospitalità, al “conservatorismo” per lo stesso luogo su lingua, residenti, cucina, ovvero su elementi che caratterizzando turisticamente un luogo rischiano anche di ingessarlo. Attenzione a non dimenticare l’interazione e la mobilità fra le Regioni come antidoto fondamentale a quella “apatia” che si denuncia e che si vorrebbe superare e che sarebbe secondo me aggravata dalla costruzione di “recinti” per quanto simbolici.
    http://palermo.repubblica.it/cronaca/2011/02/23/news/la_supplente_rispedita_in_sicilia_cos_ha_voluto_la_lega_nord-12794399/?ref=HREC2-2

  4. m.rosaria scrive:

    Una riflessione sulle diverse potenzialità regionali, ma anche sulle diverse esigenze regionali, mi riporta ai tagli alla scuola primaria e della prima infanzia degli ultimi anni: si è trattato di tagli generalizzati a cui si sarebbe potuta dare una risposta più calibrata alle esigenze dei territori. Nel concreto è stato deciso di tagliare sul tempo pieno a livello nazionale quando questa formula è indispensabile per tante donne del centro e del nord dell’Italia, mentre è poco utilizzato al sud (per ragioni da indagare meglio e che hanno a che fare con aspetti culturali ed economici): a parte il fatto che un maggiore investimento negli aiuti alle famiglie e nell’educazione sarebbe utile ovunque, per la prima volta mi sono ritrovata a ragionare in termini federalisti da madre lavoratrice e mi sono effettivamente chiesta se non converrebbe di più a certe regioni la formula federale per poter scegliere in maggiore autonomia su quali servizi tagliare di più e su quali di meno proprio sulla base delle specificità territoriali; in regioni con un’occupazione femminile rilevante (o che si vuole promuovere)è ad esempio folle tagliare sul tempo pieno della scuola primaria.

Facebook